I PILASTRI DELLA SAGGEZZA
( Testo tratto dal libro G O T A M A B U D D H A – DISCORSI – A CURA DI ANGELO MARIA PIZZAGALLI )
Io ho sentito questo: Soggiornava un tempo il Beato nel paese di Kuru, in ima città dei Kurani di nome Kammàsadamma. Là dunque il Beato si volse ai monaci : « Oh, monaci ». « Oh, Illuminato », risposero i monaci al Beato, facendosi attenti. E il Beato parlò così : « La via diritta, o monaci, che conduce alla purificazione degli esseri, al superamento del dolore e dell’afflizione, alla distruzione della sofferenza e della tristezza, all’acquisto del giusto e a realizzare l’estinzione (nirvana), sono i quattro pilastri della retta concentrazione dello spirito ».
2. «Quali quattro? ».
O monaci, un monaco veglia nel corpo sopra il corpo, instancabile, con spirito chiaro, intelligente, dopo che in lui è scomparso ogni desiderio e ogni afflizione. Egli veglia nel suo animo, sul suo animo, instancabile, con spirito chiaro, intelligente, dopo che in lui è scomparso ogni desiderio e ogni afflizione.
3. Egli veglia sui fenomeni nei fenomeni, instancabile, con spirito chiaro, dopo che in lui è scomparso ogni mondano desiderio e ogni afflizione. Ma, o monaci, come un monaco veglia nel corpo sul corpo? Ecco, o monaci, il monaco si reca nell’interno di un bosco, o sotto grosso albero, o in un deserto eremitaggio, egli si siede colle gambe incrociate, il corpo eretto, diritto, e pratica la concentrazione. Riflessivo egli inspira, riflessivo espira. Egli riflettendo inspira profondamente ed egli sa questo: io inspiro profondamente. Profondamente egli espira, ed egli sa questo : io espiro profondamente. Poi egli inspira brevemente, ed egli sa questo : io inspiro brevemente. Egli espira brevemente ed egli sa questo : io espiro brevemente. Io voglio inspirare sentendo tutto il mio corpo ; io voglio espirare sentendo tutto il mio corpo. Così egli si esercita. Io voglio inspirare calmando questo insieme del mio corpo, io voglio espirare calmando questo insieme del corpo. Così si esercita.
4. Proprio, o monaci, come se un abile tornitore o compagno di tornitore, tirando profondamente verso di sè, sapesse: «io tiro profondamente verso di me », e tirando brevemente verso di sé, sapesse: « io tiro brevemente verso di me ». Così pure, o monaci, il monaco che ispira profondamente sa : « io respiro profondamente », e quando espira profondamente sa di espirare profondamente, e così si esercita : « io voglio inspirare sentendo tutto il mio corpo, io voglio espirare sentendo tutto il mio corpo. Io voglio inspirare calmando questo insieme del corpo, io voglio espirare calmando questo insieme del corpo ».
5. Così egli vigila nell’interno, stando nel corpo, sul corpo, così egli vigila all’esterno, stando nel corpo, sul corpo. Egli osserva come il corpo sorge, osserva come il corpo trapassa, osserva come il corpo sorge e trapassa. « Ecco il corpo », questo pensiero si affaccia a lui come presente, e in quanto esso affiora alla coscienza, esso affiora al rinsavimento, e, senza essere piantato al suolo, egli si arresta, e in nessun modo più egli si sente legato a qualche cosa nel mondo. Così dunque, o monaci, veglia il monaco nel corpo sul corpo.
6. Inoltre, o monaci, il monaco sa, se egli cammina : « io cammino »; se egli si ferma: «io mi fermo »; se egli si siede: «io mi siedo »; se egli si pone in qualche luogo : « io mi pongo ». Egli sa, quando il suo corpo si trova in questa o in quella posizione, che esso è in questa o in quella posizione. Così egli vigila nell’interno, stando nel corpo sovra il corpo; così egli vigila verso l’esterno, stando nel corpo sovra il corpo ; così egli vigila all’interno e all’esterno, stando nel corpo e sovra il corpo.
7. Egli osserva come il corpo sorge, e osserva come il corpo trapassa, e osserva come il corpo sorge e trapassa. « Ecco il corpo », questo pensiero è ora per lui presente, e in quanto affiora alla coscienza, affiora al rinsavimento, e senza essere più piantato in nessun luogo, egli si arresta e non si sente più legato nel mondo a cosa alcuna.
8. Così dunque, o monaci, il monaco veglia nel corpo sul corpo. Inoltre, o monaci, il monaco è chiaramente consapevole del venire e dell’andare, chiaramente consapevole del guardare da una parte e del guardar via, chiaramente consapevole del piegarsi e dell’alzarsi, chiaramente consapevole di portare la veste e la scodella di elemosina dell’ordine, chiaramente consapevole del mangiare e del bere, del masticare e dell’odorare, chiaramente consapevole nell’evacuare le feci e orina, chiaramente consapevole dell’andare, dello stare, del sedere, dell’addormentarsi, del vegliare, del parlare e del tacere.
9. Così egli vigila verso l’interno del corpo, sovra il corpo, e osserva come il corpo sorge, come il corpo trapassa, e come sorge e trapassa. « Ecco il corpo », questo pensiero allora gli si fa presente e in quanto esso affiora alla coscienza, in tanto affiora al rinsavimento, ed egli senza essere fissato in nessun punto si arresta, e non più nel mondo si sente legato a cosa alcuna.
Così, o monaci, il monaco si trova a vegliare sopra il corpo, pur essendo nel corpo.
10. Inoltre, o monaci, un monaco considera questo corpo dalla pianta dei piedi alle ossa della testa, che impurità, coperte dalla pelle, riempiono senza distinzione. In questo corpo sono capelli, peli, unghie, denti, pelle e carne, nervi ed ossa e midollo di ossa, reni, cuore, fegato, diaframma, milza, polmoni, stomaco, intestini, visceri, feci. Vi è in esso bile, bava, pus, sangue, sudore, linfa, lagrime, siero, saliva, moccio, trasudamento alle giunture, orina.
11. Proprio, o monaci, come se un sacco, legato alle due estremità, fosse riempito di varie sorta di grani, come con riso, fagioli, sesamo, e un uomo dalla vista acuta lo slegasse e ne ricercasse il contenuto : « Ecco il riso, le fave, il sesamo ». Allo stesso modo, o monaci, il monaco considera questo corpo, dalla pianta dei piedi alle ossa della testa, questo corpo, che impurità di ogni sorta, coperte dalla pelle, riempiono (dicendo) : « In questo corpo sono capelli ecc., ecc. ».
12. Così, o monaci, vegliando sopra il corpo, pur essendo nel corpo, il monaco sta ecc., ecc.
13. Inoltre, o monaci, un monaco guarda questo corpo come va e sta, composto di elementi (dicendo) : « In questo corpo vi è elemento terra, elemento acqua, elemento fuoco, elemento aria ».
Proprio, o monaci, come un abile macellaio o garzone di macellaio abbatte una vacca, e la porta sul mercato, separa pezzo da pezzo, e poi si pone a sedere. Così, o monaci, il monaco considera questo corpo, come egli va, come sta, nella sua composizione, dicendo: « Questo corpo è composto di elemento terra, di elemento acqua, di elemento fuoco, di elemento aria ».
14. Inoltre, o monaci, come se il monaco vedesse un cadavere al cimitero, un giorno dopo la morte o due o tre giorni dopo, gonfio, dalla tinta azzurrognola, imputridito, e traesse questa conclusione riguardo a se stesso : « Anche questo mio corpo è così formato, anche questo diventerà così, a questo non può sfuggire ».
15. E ancora, o monaci, è come se il monaco vedesse un cadavere al cimitero, divorato da cornacchie, da corvi e da avvoltoi, mangiato da cani e da sciacalli, roso da ogni sorta di vermi, e traesse per sé questa conclusione : « Anche questo mio corpo è così formato, anch’esso diventerà così, a questo non può sottrarsi ». Così il monaco ecc., ecc.
16. E ancora, come se il monaco vedesse al cimitero uno scheletro, da cui la carne e il sangue se ne sono andati, tenuto insieme dai tendini, e le ossa senza il legame dei tendini, disperse in questo e in quel luogo : là un osso della mano, altrove l’osso di una coscia, altrove quello del bacino, altrove una caviglia, altrove l’osso della spina dorsale, altrove una costa, altrove quello di una gamba, altrove quello di una scapola, altrove quello di un braccio, altrove quello del collo, altrove l’osso di una mascella, altrove un dente, altrove un osso del cranio, ed egli, riferendo tutto ciò al suo corpo, dicesse: « Anche questo mio corpo è così costituito, e diventerà così, a ciò non può sfuggire ».
Così il monaco ecc., ecc.
17. E ancora, o monaci, è come se un monaco vedesse un cadavere al cimitero, bianche ossa simili al colore delle conchiglie ecc., ossa ammassate, vecchie di un anno, ossa puzzolenti, divenute polvere, e riferendosi al suo corpo, traesse questa conclusione : « Anche questo mio corpo è così costituito, anche questo mio corpo diventerà così, a questo non può sottrarsi ».
18. Così egli vigila verso l’intemo sul corpo, essendo nel corpo, ed egli vigila verso l’esterno sul corpo, essendo nel corpo, e vigila verso l’interno e verso l’esterno sul corpo, essendo nel corpo. Ed egli osserva come il corpo si forma e come trapassa : « Questo è il corpo ».
Questo pensiero gli è presente, e in quanto esso affiora alla sua coscienza, intanto affiora al rinsavimento ed egli non dipendendo più da nulla vive e non è più attaccato a cosa alcuna nel mondo.
Così, o monaci, veglia il monaco nel corpo sul corpo, ecc.
19. Come mai, o monaci, un monaco vive vegliando sulle sensazioni, nelle sensazioni?
Ecco, o monaci, un monaco, sentendo uma sensazione piacevole, pensa : « Io sento una sensazione piacevole ». Sente egli una sensazione dolorosa e pensa: «Io sento uma sensazione dolorosa». Non ha nessuna sensazione né piacevole, né dolorosa, e pensa : « Io non ho nessuna sensazione né piacevole, né dolorosa ».
20. Se egli sente una sensazione di benessere mondano, egli pensa: « Io sento una sensazione di benessere mondano ». Se egli sente una sensazione di benessere ultramondano, egli pensa: «Io sento una sensazione di benessere ultramondano ». Se egli sente mia sensazione dolorosa mondana, pensa : « Io sento una sensazione dolorosa mondana ». Se egli sente una sensazione dolorosa ultramondana, egli pensa: «Io sento una sensazione dolorosa ultramondana ».
21. Se egli sente una sensazione mondana, senza né piacere né dolore, egli pensa : « Io sento una sensazione mondana, senza né piacere né dolore ». E se egli sente una sensazione ultramondana, senza né piacere né dolore, egli pensa: «Io sento una sensazione ultramondana, senza né piacere né dolore ».
22. Così egli si trova a vegliare all’interno sulle sensazioni nelle sensazioni, e all’esterno sulle sensazioni nelle sensazioni, e a vegliare all’interno e all’esterno sulle sensazioni nelle sensazioni. Egli osserva come le sensazioni sorgono, e come le sensazioni trapassano, e osserva come le sensazioni sorgano e trapassino. «Ecco la sensazione». Questo pensiero gli si presenta, e in quanto affiora alla coscienza, affiora al rinsavimento. Egli si trova allora senza aver più bisogno di appoggio e più nulla nel mondo lo lega.
Così, o monaci, si trova a vegliare il monaco nelle sensazioni, sulle sensazioni.
23. Come mai, o monaci, un monaco si trova a vegliare nel pensiero, sul pensiero? Il monaco, o monaci, riconosce il pensiero pieno di cupidigia, come pieno di cupidigia, e il pensiero senza cupidigia, come senza cupidigia; il pensiero, pieno di odio, come pieno di odio, e quello senza odio, come Senza odio; il pensiero pieno di traviamento, come pieno di traviamento, e quello senza traviamento, come senza traviamento; il pensiero raccolto, come raccolto, e il pensiero dissipato, come dissipato; il pensiero che tende a cose elevate, come tendente a cose elevate, e quello basso, come basso; il pensiero nobile, come nobile, e quello volgare, come volgare; il pensiero calmo, come calmo, e quello inquieto, come inquieto; il pensiero liberato, riconosce come liberato, e quello legato, come legato.
24. Così egli si trova a vegliare verso l’interno nel pensiero sul pensiero, e verso l’esterno nel pensiero sul pensiero, e si trova a vegliare verso l’interno e verso l’esterno nel pensiero sul pensiero. Egli osserva come il pensiero sorga e come trapassi, e osserva come il pensiero sorga e trapassi. « Ecco il pensiero », egli pensa, e in quanto questo pensiero si presenta e affiora alla coscienza, affiora al rinsavimento ed egli si trova senza più bisogno di rifugio e nessuna cosa lo lega al mondo. Così, o monaci, si trova a vegliare il monaco nel pensiero sul pensiero.
25. Come dunque, o monaci, un monaco si trova a vegliare tra i fenomeni sui fenomeni? Egli si trova a vegliare o monaci, tra i fenomeni sopra il sorgere delie cinque proibizioni. Ma come o monaci, il monaco, si trova a vegliare sul sorgere delle cinque proibizioni? Il monaco, o monaci, osserva se in lui è desiderio di piacere e pensa: « In me è desiderio di piacere ». Egli osserva se in lui non è desiderio di piacere e pensa : « In me non è desiderio di piacere ». Ed egli osserva se in lui sorga desiderio di piacere e se il desiderio di piacere, divenuto evidente, è stato soppresso, e osserva se il desiderio di piacere soppresso non appare più nell’avvenire.
26. Se vi è in lui interna ira, egli riconosce : « In me è ira interna»; e se in lui non vi è ira interna, riconosce: «In me non vi è ira interna »; e se l’ira interna divenuta manifesta è soppressa, egli l’osserva e se questa ira interna soppressa più non appare.
27. Egli osserva se in lui sia stanchezza e pigrizia, e dice : « In me sono stanchezza e pigrizia ». E se in lui non sono stanchezza e pigrizia, osserva : « In me non sono né stanchezza, né pigrizia ». E poi osserva se la stanchezza e la pigrizia, divenute manifeste, vengano soppresse, e osserva se, una volta soppresse, non appaiano più.
28. Egli osserva se è in lui superbo fastidio, dicendo: «Ecco è in me superbo fastidio ». E se in lui non è superbo fastidio, lo riconosce dicendo : « In me non è superbo fastidio ». Egli osserva il superbo fastidio in lui appena si sviluppi, lo osserva quando è divenuto sviluppato, e osserva se esso viene soppresso, e se, una volta soppresso, più non appaia.
29. Egli osserva se in lui è un dubbio interno, dicendo: « In me è un dubbio interno ». Osserva se in lui non è nessun dubbio interno, dicendo : « In me non è nessun dubbio interno ». Osserva come il dubbio interno dapprima sorga, e se, quando è divenuto manifesto, sia soppresso, e se, una volta soppresso, più non appaia nell’avvenire.
30. Così egli veglia dall’interno sui fenomeni, tra i fenomeni, così egli veglia dall’esterno sui fenomeni tra i fenomeni, così egli dall’intemo e dall’esterno veglia tra i fenomeni sui fenomeni. Egli osserva come sorgano i fenomeni, e come i fenomeni trapassino, e osserva come i fenomeni sorgano e trapassino. « Ecco i fenomeni », egli pensa e, appena questo pensiero gli si presenta e affiora in lui alla coscienza, affiora al rinsavimento e senza attaccamento alcuno egli si arresta e a nulla nel mondo è più legato.
31. Così, o monaci, il monaco veglia tra i fenomeni sui fenomeni, sul sorgere delle cinque proibizioni.
32. Ancora, o monaci, il monaco si trova a vegliare tra i fenomeni sui fenomeni, sull’origine del quintuplo attaccamento all’esistenza. Ma come, o monaci, egli si trova a vegliare sull’origine del quintuplo attaccamento all’esistenza? Il monaco, o monaci, dice: «Ecco la forma, questa è l’origine della forma, questo il suo scomparire. Ecco la sensazione. Questa è l’origine della sensazione, questo il tramontare di essa. Ecco le predisposizioni ereditarie, ecco il sorgere delle predisposizioni ereditarie, ecco il loro scomparire. Ecco la coscienza, ecco il sorgere della coscienza, ecco il suo scomparire.
33 – Così egli si trova a vegliare verso l’interno sui fenomeni, tra i fenomeni, così egli veglia verso l’esterno sui fenomeni tra i fenomeni, così egli veglia verso l’estemo e verso l’interno sui fenomeni tra i fenomeni. Egli osserva come i fenomeni sorgano e come trapassino, e osserva come i fenomeni sorgano e trapassino e pensa : « Ecco i fenomeni » e appena questo pensiero gli si presenta e gli affiora alla coscienza, esso affiora al riconoscimento ed egli si trova senza più bisogno di rifugio, e nessuna cosa al mondo più lo lega.
Così, o monaci, il monaco veglia fra i fenomeni sull’origine del quintuplo attaccamento all’esistenza.
34. Ancora, o monaci, il monaco si trova a vegliare tra i fenomeni sui fenomeni sui sei campi delle sensazioni interne ed esterne.
Ma come, o monaci, il monaco veglia tra i fenomeni sui fenomeni, sui sei campi delle sensazioni esterne ed interne?
Ecco, o monaci, il monaco conosce l’occhio, conosce le forme, e quel legame che sorge successivamente e si stabilisce fra essi, anche questo conosce. Egli conosce il primo sorgere di questo legame e la di lui soppressione, e quando questo legame, una volta soppresso, più non appare nell’avvenire,
35. Egli conosce l’orecchio e conosce i suoni, c quel legame che si stabilisci; tra essi, anche questo conosce, e ne conosce l’apparire, e quando questo legame è soppresso, e quando, una volta soppresso, più non appare nell’avvenire.
36. Egli conosce il naso e conosce gli odori, e quel legame che si stabilisce tra essi, anche questo conosce. Egli conosce come questo legame si origina, e come venga soppresso, e come mai non apparirà più di nuovo.
37. Egli conosce la lingua e conosce i sapori, e quel legame che si stabilisce tra essi, anche questo conosce. Egli conosce quando, per primo, questo legame si presenta, e come esso venga soppresso e come non si presenterà più in avvenire.
38. Egli conosce il corpo e conosce i contatti, e quel legame che si stabilisce fra essi, anche questo conosce, e conosce quando questo contatto si presenta per primo, e come venga soppresso, e come non comparirà più nell’avvenire.
39. Egli conosce il pensiero e gli oggetti del pensiero, e quel legame che si stabilisce tra essi, anche questo conosce. Egli conosce come questo legame per primo si origina e come esso venga soppresso, e come non si presenterà più nell’avvenire.
40. Così egli si trova a vegliare dall’interno sui fenomeni, così si trova egli a vegliare sui fenomeni dall’esterno, così egli si trova a Vegliare sui fenomeni dall’interno e dall’esterno, immerso nei fenomeni. Ed egli osserva il sorgere dei fenomeni e osserva il loro scomparire, osserva il loro sorgere e scomparire e dice: « Ecco i fenomeni ». Questo pensiero gli si presenta, e in quanto affiora alla sua coscienza, intanto affiora al rinsavimento. Egli non ha più bisogno di rifugio e nulla più nel mondo lo lega.
41. Così, o monaci, si trova a vegliare il monaco nei fenomeni, sui fenomeni, dei sei campi di azione dei sensi interni ed esterni.
42. E ancora, o monaci, il monaco si trova a vegliare tra i fenomeni sul sorgere delle sette facoltà necessarie per giungere alla conoscenza, cioè sui sette mezzi d’illuminazione. Ma, come, o monaci, veglia il monaco tra i fenomeni sul sorgere dei sette mezzi dell’illuminazione?
43 – li monaco si accorge, o monaci, quando vi è in lui la qualità del pensiero concentrato, spirituale e dice: « In me la qualità del pensiero concentrato, spirituale è attiva », e si accorge quando questa qualità in lui non è attiva e allora dice: «La qualità del pensiero concentrato, spirituale in me non è attiva », e si accorge quando per primo essa è in lui attiva, e quando cessa di essere tale.
44 – Egli si accorge quando è attivo in lui quel mezzo di illuminazione che è la forza e dice, ecc., ecc.
45. Egli si accorge quando è attivo in lui quel mezzo di illuminazione che è la gioia e dice, ecc., ecc.
46. Egli si accorge quando è attivo in lui quel mezzo di illuminazione che è la calma c dice, ecc., ecc.
47 – Egli si accorge quando è in lui attiva la concentrazione dello spirito (contemplazione) e dice, ecc., ecc. 48. Egli si accorge quando è attiva in lui l’indifferenza verso ogni cosa e dice: « Attiva è in me l’indifferenza verso ogni cosa, ecc., ecc. » e conosce quando essa è tale, e quando non è tale, dicendo: « È attiva in me e non è attiva in me l’indifferenza », e conosce come si produce in lui quel mezzo di illuminazione che è l’indifferenza, che prima non v’era, ed egli se ne accorge e conosce come sorge, e come non è più la pienezza di essa, egli se ne accorge dicendo: «Ecco è attiva, ecc., ecc. ».
49. Così veglia egli all’interno sui fenomeni, e così egli si trova a vegliare sui fenomeni all’esterno, e si trova a vegliare sui fenomeni all’interno e all’esterno, e si trova a vegliare sul sorgere di essi e sul loro scomparire, e si trova a vegliare insieme sul loro sorgere e sul loro scomparire. «Ecco i fenomeni». Così pensa, e appena questo pensiero gli è presente ed esso affiora alla sua coscienza egli si trova senza più legami, nulla al mondo lo condiziona più.
50. Così dunque, o monaci, il monaco si trova a vegliare tra i fenomeni su sette mezzi di illuminazione.
51. E ancora, o monaci, il monaco si trova a vegliare tra i fenomeni sulle quattro nobili verità. Ma come dunque, o monaci, il monaco veglia tra i fenomeni sul sorgere delle quattro nobili verità? Perché il monaco, o monaci, conforme a verità, conosce : « Questo è il dolore ». Così egli comprende o monaci: « Questo è il sorgere del dolore » conforme a verità; e così comprende egli conforme a verità : « Questa è la liberazione dal dolore»; e quindi, sempre conforme a verità, egli capisce: «Questa è la via che conduce alla liberazione dal dolore ».
52. Qual è dunque, o monaci, la nobile verità del dolore? Dolore è certo la nascita, dolore è la vecchiaia, dolore è la malattia, dolore è la morte; l’afflizione, la preoccupazione, la sofferenza, la mestizia. la disperazione sono dolori. Dolore è l’essere unito a ciò che non si ama, dolore l’essere separato da ciò che si ama, dolore il non ottenere quello che si desidera. In breve le cinque parti dell’attaccamento alla vita sono dolore.
53 – Che cosa dunque, o monaci, è la nascita? Il sorgere, il partorire, il formare, il concepire, la gravidanza, l’apparire delle parti, l’impadronirsi del campo di azione dei sensi di qualsivoglia essere, di qualsiasi specie, questo, o monaci, si chiama nascita.
54 – Che cos’è dunque, o monaci, la vecchiaia ? Per qualsiasi essere, in qualsiasi specie invecchiare è divenir inutile, divenir debole, grigio, rugoso, la perdita delle forze, l’indebolirsi dei sensi: questo si chiama, o monaci, la vecchiaia.
55 – Che cosa è dunque, o monaci, il morire? Per qualsiasi essere, di qualsiasi specie, lo scomparire, il dividersi, il separarsi, il tramontare, il perire per morte, il compiere il proprio tempo, il cadere delle parti, l’imputridire del cadavere, questo, o monaci, si chiama morire.
56 – E che cosa è, o monaci, l’afflizione? Ecco, o monaci, in questa e in quella perdita che si subisce, in questa o in quella sventura che ci colpisce, afflizione, lamentarsi, malinconia, interno cordoglio, questo, o monaci, si chiama afflizione.
57 – E che cos’è, o monaci, ora, il lamentarsi? Ecco, o monaci, in questa o quella perdita che si subisce, in questa o quella sventura che ci colpisce, gemiti e lamenti, affliggersi, lamentarsi, grida di dolore, gemiti, questo, o monaci, si chiama lamentarsi.
58. E che cos’è, o monaci, sofferenza? Ecco, o monaci, il sentire dolore nel corpo, sentire in esso qualche cosa di spiacevole, quanto al contatto del corpo è sentito come sgradito, doloroso, questo, o monaci, si chiama sofferenza.
59. E che cos’è, o monaci, la mestizia? Ecco, o monaci, quanto è per lo spirito sgradito e doloroso, quanto al contatto spirituale è sentito come doloroso, sgradito, questo, o monaci, si chiama mestizia.
60. E che cos’è, o monaci, la disperazione? Ecco, o monaci, in questa o quella perdita che l’uomo soffre, in questa o quella sventura che lo colpisce, sbigottirsi, perder la speranza, essere atterrito, disperato, questo, o monaci, si chiama disperazione.
61. E che cos’è, o monaci, il dolore, che consiste nell’essere unito a ciò che spiace? Quanto a uno occorre di forme non desiderate, di non esilaranti, di suoni, odori, sapori, contatti, pensieri; quanto a uno capita di indesiderabile, di non amichevole, di disgustoso, di irritante, orbene l’essere insieme unito, accoppiato, mescolato con tutto questo, si chiama, o monaci, dolore per essere uniti a ciò che spiace.
62. E che cos’è, o monaci, il dolore che nasce dall’essere separati da ciò che si ama? Quanto a uno capita di forme, suoni, odori, sapori, contatti, pensieri, desiderati, esilaranti, graditi ; ciò che ad uno capita di desiderabile, piacevole, gradito, adatto, come madre, padre, fratello, sorella, figli, amici, compagni, congiunti di famiglia, da questi essere separato, diviso, lontano, abbandonato: questo, o monaci, si chiama il dolore, che nasce dall’essere separati da ciò che si ama.
63. E qual è il dolore che nasce dal non ottenere quello che si desidera? Agli esseri, o monaci, soggetti alla nascita spetta il desiderare : « Oh, se non fossimo più soggetti alla nascita, oh ! se nessuna altra nascita ci aspettasse! ». Ma questo non si può ottenere col solo desiderio, ora questo non ottenere quello che si desidera si chiama dolore.
64. Agli esseri, o monaci, soggetti alla vecchiaia, alla malattia e alla morte, all’afflizione, al lamentarsi, alla sofferenza corporea, alla mestizia, alla disperazione, viene questo desiderio: «Oh! se noi non fossimo più soggetti alla vecchiaia, alla malattia, alla morte, all’afflizione, al lamentarsi, al dolore corporeo, alla tristezza, alla disperazione! Oh ! se non più la vecchiaia, la malattia, la morte, l’afflizione, il lamentarsi, il dolore corporeo, la mestizia, la disperazione ci attendessero! ». Ma questo non si può ottenere col solo desiderio, ora il non ottenere quello che si desidera è dolore.
65. E quali sono, o monaci, dette in breve, le cinque parti dell’attaccamento alla vita? Una parte è attaccamento alle forme, una attaccamento al tatto, mia attaccamento alla percezione, un’altra attaccamento alla discriminazione, una attaccamento alla coscienza.
Queste, o monaci, in breve, sono le cinque parti dell’attaccamento alla vita come dolore.
66. Questa, o monaci, si chiama la nobile verità del dolore. E qual è, o monaci, la nobile verità dell’origine del dolore? Questa è la sete, che semina sempre nuove rinascite, legata al desiderio del piacere, che cupido brama ora questo, ora quello, e la sete sensuale è la sete dell’esistenzaj, la sete della felicità.
67. Ora donde sorge, o monaci, questa sete e si sviluppa, dove penetrando entra? Da ciò che nel mondo appare di gradevole forma, da ciò che nel mondo appare gradito sorge questa sete, che, penetrando, entra in esso. E che cosa nel mondo appare di gradevole forma e gradito? La vista appare nel mondo gradita. Da essa sorge e si sviluppa questa sete, in essa penetrando entra. L’udito nel mondo appare gradito, ecc., ecc. L’olfatto nel mondo appare gradito, ecc., ecc. La lingua nel mondo appare gradita, ecc., ecc. Il corpo nel mondo appare gradito, ecc., ecc. Il pensiero nel mondo appare gradito e piacevole, da esso sorge e si sviluppa questa sete e in esso penetrando, entra.
68. La forma nel mondo appare gradita, ecc., ecc. Gli odori nel mondo appaiono graditi, ecc., ccc. I sapori nel mondo appaiono graditi, ccc. I fenomeni nel mondo appaiono graditi c piacevoli, da questi sorge e si sviluppa questa sete, in essi penetrando entra.
69. La coscienza della vista nel mondo appare gradita e piacevole, da essa sorge e si sviluppa questa sete, e in essa penetrando entra. La coscienza dell’udito, ecc., la coscienza dell’odore, ecc., la coscienza del sapore, ecc., la coscienza del tatto, ecc., la coscienza del pensiero nel mondo appare gradita e piacevole, da essa sorge e si sviluppa questa sete, e in essa penetrando entra.
70. Il contatto colla vista, quello con l’udito, quello coll’olfatto, quello col gusto, quello col tatto, quello col pensiero appaiono nel mondo cari, appaiono gradevoli, da qui sorge e si sviluppa questa sete, qui essa penetrando, entra.
71. La sensazione, prodotta per il contatto colla vista, appare nel mondo cara, appare gradita; la sensazione prodotta per il contatto con l’udito appare cara, appare gradita. La sensazione prodotta dal contatto con l’olfatto, quella che nasce, dal contatto col gusto, quella che nasce da quella col tatto, quella che nasce dal contatto col pensiero, appaiono nel mondo care, appaiono gradite, di qui nasce questa sete e si sviluppa, e in esse penetrando entra.
72. La percezione della forma nel mondo appare cara, appare gradita, così la percezione dell’udito, quella dell’olfatto, quella del gusto, quella del tatto, quella del pensiero, di qui nasce questa sete e si sviluppa, e penetrando in esse si pone.
73. Percepire forme nel mondo appare caro, appare gradito, e così percepire suoni e odori e sapori e contatti e pensieri appare caro, appare gradito, e da qui sorge questa sete e si sviluppa e in esse entra.
74 – La sete delle forme nel mondo appare cara, appare gradita, cosi quella dei suoni, degli odori, dei sapori, dei contatti, dei pensieri, appaiono nel mondo care, appaiono gradite, di qui sorge questa sete e si sviluppa, e in esse penetrando si pone.
75 – Il riflettere sulle forme appare nel mondo caro, appare gradito, e così il riflettere sui suoni, sugli odori, sui sapori, sui contatti, sui pensieri appare caro, appare gradito, di qui sorge questa sete e si sviluppa, e penetrando in esse si pone.
76. Investigare le forme nel mondo appare caro, appare gradito, e così investigare i suoni, gli odori, i sapori, i contatti, i pensieri nel mondo appare caro, appare gradito, da qui sorge e si sviluppa questa sete, e in esse penetrando si pone. Questa si chiama, o monaci, la nobile verità dell’origine del dolore.
77- E qual è, o monaci, la nobile verità della soppressione del dolere? Questa consiste nella piena, incessante soppressione di questa sete, nel respingerla, scacciarla, farla cadere, sradicarla. Ma questa sete, o monaci, da che viene tolta via, scacciata, in che si scioglie e distrugge? Da ciò che noi mondo appare caro e gradito, da questo, questa sete è tolta via e scacciata, in questo si scioglie ed è distrutta.
78. Ma che cosa appare nel mondo caro, che cosa appare gradito? La vista appare cara nel mondo, la vista appare gradita, da questo è tolta via e scacciata questa sete, in questo essa è sciolta e distrutta.
L’udito, l’olfatto, il gusto, il tatto, il pensiero appaiono cari nel mondo e graditi, da questi è cacciata e tolta via questa sete, in questi essa è sciolta e distrutta. Le forme nel mondo appaiono care e gradite, da ciò questa sete è tolta via e scacciata, in ciò essa è sciolta e distrutta.
70. I suoni, gli odori, i sapori, i contatti, i pensieri appaiono nel mondo cari, appaiono graditi, da ciò è questa sete scacciata e tolta, in ciò essa è sciolta e distrutta.
80. La coscienza del vedere appare nel mondo cara, appare gradita, da ciò questa sete è tolta via e scacciata, in ciò essa è sciolta e distrutta; e così la coscienza dell’udire, dell’odorare, del gustare, del toccare, del pensare: esse appaiono nel mondo care, esse appaiono gradite, da esse è questa sete tolta via e scacciata, in esse è sciolta e distrutta.
81. Un sentimento prodotto dal contatto colla vista appare nel mondo caro, appare gradito, e così i sentimenti nati dal contatto coll’udito, coll’olfatto, col gusto, col tatto, col pensiero appaiono nel mondo cari, appaiono graditi, da ciò è questa sete tolta via, scacciata, in ciò essa è sciolta e distrutta.
82. La percezione delle forme appare nel mondo cara, appare gradita, e così le percezioni dell’udito, dell’olfatto, del gusto, del tatto e del pensiero, appaiono nel mondo care, appaiono gradite, da ciò è questa sete tolta via e scacciata, in ciò essa è sciolta e distrutta.
83. Comprendere le forme appare nel mondo caro, appare gradito, e cioè esaminare suoni, odori, sapori, contatti, pensieri, appare nel mondo caro, appare gradito, da ciò è questa sete tolta e scacciata, in ciò essa è sciolta e distrutta.
84. La sete delle forme appare nel mondo cara, appare gradita, e così la sete dei suoni, dei sapori, degli odori, dei contatti e dei pensieri appare nel mondo cara, appare gradita, da ciò è questa sete tolta via e scacciata, in ciò essa è sciolta e distrutta.
85. Riflettere sulle forme appare nel mondo caro, appare gradito, e così riflettere sui suoni, odori, sapori, contatti, pensieri, appare nel mondo cara, appare gradito, da ciò è questa sete tolta via e scacciata, in ciò essa è sciolta e distrutta.
86. Esaminare le forme appare nel mondo caro, appare gradito, e così esaminare suoni, odori, sapori, contatti e pensieri appare nel mondo caro, appare gradito, da ciò questa sete è tolta via e scacciata, in ciò essa è sciolta e distrutta.
Questa, o monaci, si chiama la nobile verità della soppressione del dolore.
87. E qual è, o monaci, la nobile verità della via che conduce alla liberazione dal dolore?
Questa via è l’ottuplice sentiero, esso è la via che conduce alla liberazione dal dolore e cioè: retta conoscenza, retto sentimento, retta parola, retto agire, retto andare, retto sforzo, retta concentrazione del pensiero, retta calma dello spirito.
88. E che è, o monaci, la retta conoscenza? Conoscere, o monaci, il dolore, e conoscere l’origine del dolore, conoscere la liberazione dal dolore, e conoscere la via che conduce alla liberazione dal dolore.
Questa, o monaci, si chiama retta conoscenza.
89. E che cos’è, o monaci, ora il retto sentimento? Pensare alla rinuncia, non nutrire nessun rancore, non alimentare nessun desiderio di nuocere altrui, questo si chiama, o monaci, retto sentimento.
90. E che cos’è, o monaci, la retta parola? Evitare parole menzognere, evitare le parole calunniose, evitare la parola aspra, evitare le chiacchiere. Questa, o monaci, si chiama la retta parola.
91. E che cos’è, o monaci, la retta azione? Rinunciare a togliere la vita a qualsiasi creatura vivente, rinuncia a prendere ciò che non è donato, rinuncia a vivere sempre nei piaceri. Questa si chiama, o monaci, retta azione.
92. E che cos’è, o monaci, il retto vivere? Ecco, o monaci, il nobile discepolo, avendo abbandonato il falso modo di vivere, adatta la sua vita a un retto modo di vivere. Questo, o monaci, si chiama retto modo di vivere.
93. E che cos’è, o monaci, il retto sforzo? Ecco, o monaci, il monaco si sforza di dominare il suo desiderio in modo che non sorgano in lui pensieri, prima non sorti, cattivi e funesti; egli fa ogni sforzo, arma il suo cuore, si fa pronto a combattere ed eccita il suo volere in modo da cacciare i pensieri cattivi e funesti, già sorti; fa quindi ogni sforzo, e arma il suo cuore c si fa pronto a combattere, ed eccita poi il suo volere in modo da lasciar sorgere pensieri in lui, prima non sorti, salutari, ed a questo si sforza e tende con ardore e arma il suo cuore e lo fa pronto a combattere.
94. Eccita la sua volontà in modo che pensieri salutari, già sorti, si riaffermino, non si rallentino, si sviluppino, si schiudano, si spieghino e giungano a compimento. Per questo si sforza, a questo tende con ardore, per questo arma il suo cuore e si fa pronto a combattere. Questo si chiama, o monaci, retto sforzo. 95. E che cos’è, o monaci, ora retta concentrazione del pensiero? Quando, o monaci, il monaco veglia nel corpo sopra il corpo, instancabile, con puro senso, concentrato alla distruzione della cupidigia e degli affanni del mondo; quando egli veglia nel sentimento sul sentimento, veglia nei fenomeni sui fenomeni, instancabile, con senso puro, intelligente, a vincere la cupidigia e i dolori del mondo, questa, o monaci, si chiama retta concentrazione.
96. E com’è, ora, o monaci, la calma suprema dello spirito ? Ecco, o monaci, il monaco staccatosi dai desideri, staccatosi da ogni pensiero malsano, avendo raggiunta una conoscenza, accompagnata da riflessione, ponderazione, nata dal discernimento, dapprima vive pieno di benevolenza e di felicità, e, dopo aver soppresso la riflessione e la ponderazione, egli ottiene per secondo dono la conoscenza piena di felicità e gioia, quella che nasce dalla concentrazione dello spirito, senza più discernimento, né inflessione, in cui predomina il pensiero e che dà la calma spirituale. In una calma serena egli vive, con animo eguale, concentrato, chiaramente consapevole ed egli prova ancora nel corpo una gioia, per cui i santi dicono: «Il meditabondo, di animo eguale, vive felice». lì così egli ottiene il terzo dono della conoscenza.
97. Dopo aver rinunciato alle gioie e ai dolori, dopo aver distratto il senso della gioia e del dolore, egli ottiene la quarta conoscenza quella del puro, senza dolore e senza gioia, calmo, concentrato, Perfetto. Questa si chiama, o monaci, la retta calma dello spirito. Questa si chiama, o monaci, la santa verità della via che conduce alla cessazione del dolore.
98. Così il monaco veglia dall’interno sui fenomeni, nei fenomeni, così egli veglia all’esterno nei fenomeni sui fenomeni, così egli veglia all’interno e all’esterno nei fenomeni sui fenomeni. Egli osserva come i fenomeni sorgano, osserva come i fenomeni trapassino, osserva come i fenomeni sorgano e trapassino. «Ecco, così sono i fenomeni». Questo pensiero gli si fa presente, e appena esso affiora alla coscienza, esso affiora al rinsavimento, egli non è più attaccato e da nulla più dipende al mondo. Così dunque, o monaci, si trova a vegliare il monaco fra i fenomeni sopra l’apparire delle quattro nobili verità.
99. Chi poi, o monaci, può continuamente osservare per sette anni questi quattro pilastri della saggezza può conseguire una di queste due cose: o la certezza nella dottrina o, se è in lui un resto di legami di attaccamento al mondo, la non rinascita.
Questo se si tratta di sette anni.
100. Ma chi, o monaci, può osservare questi quattro pilastri della saggezza, per sei, cinque, quattro, tre, due, un anno, una di queste due cose può per lui giungere a maturanza: o la certezza nella dottrina durante la vita, o se vi è un resto di attaccamento, non più rinascita.
Questo se si tratta di un anno.
101. Chi poi, o monaci, continuamente può osservare questi quattro pilastri della saggezza per sette mesi, a lui può giungere a maturanza una di queste due cose: certezza nella dottrina durante la vita, o se vi è un resto di attaccamento, non più rinascita.
Questo, o monaci, se si tratta di sette mesi.
102. Chi poi, o monaci, può osservare questi quattro pilastri della saggezza continuamente per sei, cinque, quattro, tre, due, un mese, e anche per mezzo mese, a questi può giungere a maturanza una di queste due cose: o la certezza della dottrina durante la vita, o se vi è un resto di attaccamento, non più rinascita.
E questo, o monaci, anche se si tratta di mezzo mese.
103. Ciri poi, o monaci, può osservare continuamente questi quattro pilastri della saggezza per sette giorni, a questo può riuscire una di queste due cose: o la certezza della dottrina durante la vita, o se vi è un resto di attaccamento, la non rinascita.
104. La via diretta, o monaci, che conduce alla purificazione degli esseri, a vincere il dolore e l’affanno, a distruggere ogni sofferenza e tristezza, a conseguire il giusto, a realizzare l’estinzione (o nirvana), ecco che sono i quattro pilastri della saggezza.
Se questo fu detto, fu detto per questo.
Così parlò il Beato, e contenti quei monaci si rallegrarono della parola del Beato.