La radice della sofferenza

Rilettura in versi del sutta “MN 14: Mahâdukkhakkhandha Sutta – Il tronco del dolore (2)”, parte del Canone Pali, la più antica raccolta degli insegnamenti del Buddha Gautama.

Le brame generano fatica e disperazione,
nel cercare ricchezza, nel volerla conservare.
Le brame sono un fuoco che divampa,
intessute di miseria, causano tormento.

Il re teme il domani, il tradimento, la guerra,
mentre il saggio riposa nella calma profonda.
La felicità del saggio non sorge dai sensi placati,
ma dal distacco, che è fonte di gioia vera.

Chi persegue le brame, si perde nel buio,
prigioniero di un ciclo che consuma l’anima.
Ma fuori dalle brame, lontano dai danni,
esiste la pace, oltre il dolore e il mondo.

Chi fuori dalle brame trova la gioia
e ha compreso con perfetta sapienza
che “inappaganti sono le brame, vuote di pace”,
è liberato da ogni desiderio ardente,
dimora sereno, in una calma costante.

Come chi ha bevuto l’acqua limpida di fonte,
non proverà ristoro da acque impure,
sapendo che, per quanto abbondanti,
non donano la freschezza di un sorso puro.

Come chi ha respirato l’aria salubre di campagna,
non sentirà più affetto per il rumore della città,
perché, sebbene ornata di luci e clamore,
non potrà mai offrire la serenità dell’ampia natura.

Come chi ha assaporato le fragoline di bosco,
preferirà sempre il frutto più puro e genuino,
anziché le fragole gonfie e prive di gusto,
cresciute nell’abbondanza dell’agricoltura cieca.

Così, chi ha provato la gioia del distacco,
del piacere che nasce dall’animo libero,
non cadrà più nel tormento delle brame,
avendo assaporato la pace, senza catene.

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